Archive for the 'Editoria' Category

Edicola digitale RCS

La distribuzione completamente digitale dei giornali è storia molto recente. Tempo fa anche un altro quotidiano aveva voluto testare la distribuzione online del giornale completo ma aveva fatto marcia indietro dopo che alcune aziende avevano disdetto numerosi abbonamenti cartacei e acquistato un solo abbonamento per il formato elettronico. Il formato digitale per un anno costa solo 139 euro, per il Corriere o per la Gazzetta; abbonandosi ad entrambi il costo diventa 250 euro.

D’altra parte se ho il file PDF del quotidiano posso “passarlo” ad un numero infinito di altri lettori. Dal punto di vista delle entrate dirette è una perdita, potrebbe essere invece un vantaggio per quanto riguarda le “impression” a fine pubblicitario, si moltiplicano i lettori in modo efficiente. La vera svolta sarebbe l’implementazione di un sistema di tracciamento dell’utilizzo del PDF, per sapere quali articoli vengono letti e quali pubblicità attirano l’attenzione (con la possibilità di cliccare sulle stesse) ma purtroppo non mi risulta sia così.

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In Belgio cercano di fermare Google

In Belgio, Google se la sta vedendo brutta (in realtà per niente). Dopo aver perso una causa lo scorso anno, adesso gli hanno chiesto (l’associazione della carta stampata) di pagare dai 30 ai 50 milioni di euro per risarcimento, avendo indicizzato e mostrato senza i relativi diritti contenuti degli associati.

“The newspaper copyright group Copiepresse said it had summoned Google to appear again before a Brussels court in September that will decide on their claim that they suffered damages of between euro32.8 million ($51.7 million) and euro49.2 million ($77.5 million).

The group called on Google to pay a provisional amount of €4 million ($6.3 million).”
link alla notizia

Entro settembre ci dovrebbe essere l’udienza definitiva.
Sono iniziative senza senso ?
Ormai si da per scontato che tutto sia indicizzato e che non si tratta altro che di pubblicità per chi ha scritto la notizia. Evidentemente in Belgio ancora non la pensano così e anche in Italia qualche editore si sfregava le mani leggendo la notizia. Oppure è semplicemente un modo per spillare qualche soldo e far capire che non bisogna esagerare ?


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Musica free dai Nine Inch Nails

Anche i NIN, dopo altri gruppi, rilasciano il loro nuovo album via Internet e gratis.

In formato mp3, flac, m4 apple e wave 24/96; viene richiesto solo un indirizzo email dove ricevere il link per il download. I file più grandi sono scaricati attraverso un file torrent.

link al sito

Cosa succede ? E’ veramente una tendenza o si tratta solo di episodi limitati a gruppi che possono permetterselo ?

Da un lato c’è chi vende brani musicali per i cellulari a oltre 2 euro a brano, dall’altro chi rilascia tutto in modo free, con in mezzo l’onnipresente iTunes. Come si configurarà l’acquisto e la distribuzione dei contenuti digitali ? Una bella gatta da pelare per le case discografiche. Chi sarà il prossimo a regalare l’album ?

Significa che gli introiti per gli artisti devono arrivare dagli spettacoli e altro, come se il core business diventasse i servizi accessori… come se si regalasse il software e si facessero pagare i servizi a valore aggiunto… come se si regalasse l’iptv sperando che gli utenti acquistino contenuti aggiuntivi…

Sembra proprio una tendenza inevitabile.

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Wall Street Journal diventa gratuito, anzi no a pagamento

wall street journal

Tempo fa, prima ancora di aver acquisito il giornale, Murdoch affermò che il modello free sarebbe arrivato anche il Wall Street Journal (vedi post).

Sembra invce che il modello a pagamento rimarrà e verrà sviluppato ulteriormente, come ha fatto sapere PaidContent.

Vedremo che cosa succederà a breve. Senza dubbio saranno allargate le aree gratuite e inseriti nuovi servizi che permettano di aggiungere valore a quelli a pagamento.

In effetti, l’informazione tematica come quella finanziaria ha possibilità di sviluppare un’offerta pay molto interessante. Dal punto di vista pubblicitario, il target raggiunto dal WSJ gli permette di vendere a circa quattro volte rispetto ai normali siti la pubblicità online.
Per esempio, la pubblicità video è venduta a 90 dollari (CMP) mentre siti generalisti sono sui 20 dollari.
Chiaro che questo è un prezzo di listino ma l’audience del WSJ è senza dubbio di pregio.

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Anche il Wall Street Journal diventa free

wall street journal

Secondo le dichiarazioni di Murdoch di questi giorni, anche il Wall Street Journal diventerà gratuito. Quindi continua la tendenza al free nell’editoria dopo Financial Times e New York Times.

Murdoch ha recentemente acquisito il Wall Street Journal – l’acquisizione da parte del Gruppo di Murdoch non è ancora operativa- e mi chiedo anche se apriranno la pagina WSJ su MySpace …ma magari c’è già e non l’ho vista.

La versione online del WSJ ha quasi un milione di abbonati, in forte crescita negli ultimi mesi; da tenere conto che abbonarsi alla sola versione online costa 79dollari, quindi si tratta di una discreta entrata che verrà abbandonata a favore della crescita dell’audience (sufficiente a garantire entrate pubblicitarie superiori) grazie alla possibilità di attrarre un’audience globale.

Quindi, la corsa verso il Free sembra inarrestabile… non è certo un caso se il nuovo libro di Chris Anderson si focalizzarà proprio sul tema del “Free”.

Infatti, il discorso del gratuito è molto legato alla globalizzazione dell’audience; molte iniziative si basano sulla capacità di catalizzare una massa di utenti che non è limitata a livello nazionale… e quindi possono sperare di “vivere” con la pubblicità. A livello locale, in lingua non inglese, le possibilità di sviluppo si riducono drasticamente…

E’ divertente considerare come Internet porta alla creazione di Hit nell’ambito delle lingue… l’inglese a causa dell’ “effetto rete” diventa lingua obbligatoria per una fetta estesa di navigatori… la curva tende a concentrarsi verso l’alto.

Technorati Tags: , Financial Times, New York Times, , Chris Anderson

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Modelli di business: dal pay al free, al pay, al free…

Negli anni si sono succedute le varie tendenze nei modelli di business da seguire per gli editori ed i proprietari di contenuti in generale.

Se all’inizio la speranza e la tentazione di proporre contenuti in modalità pay ha raccolto molte adesioni. Oggi questa speranza è svanita nella maggior parte dei piani strategici dei portali e degli editori (vedi Financial Times e New York Times per esempio).

Oltre ai quotidiani che hanno abbandonato in gran parte i modelli a pagamento, per esempio c’è anche Google che ha chiuso uno dei pochi business a pagamento che cercava di portare avanti (Google video con contenuti premium).

E’ difficile trovare aree dove il modello pay funzioni. Anche iTunes in realtà non è assimilabile ad un modello pay vero e proprio, la vendita dei contenuti è sostenuta dalla vendita dell’hardware, se questo non fosse il portale non starebbe a galla.

Il mercato Adult è senza dubbio un esempio di business che invece si regge sul modello a pagamento. Un altro è quello dello sport: squadre di calcio, MotoGP, Formula Uno hanno dei servizi a pagamento che offrono contenuti video, anche se di certo l’entità dei ricavi online, rispetto a quelli tradizionali, è ridicola; inoltre, è probabile che nel momento in cui gli utilizzatori online si moltiplicassero, sarebbe meglio passare al modello advertising in alcuni casi.

In sostanza, quando l’audience potenziale supera un certo punto critico, il modello pay può non essere più la scelta migliore; pur restando chiaro che per alcuni canali molto verticali/tematici (in primis l’adult) il pay rimane nell’aria.

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Nuovi modelli di business online: dopo il New York Times è il turno del Financial Times

Recentemente, il New York Times ha cambiato il proprio business online, andando verso un modello free. Oggi sul Financial Times è stato annunciato che da metà ottobre cambierà la modalità di fruizione dei contenuti online del quotidiano economico londinese. Si va ancora una volta verso il gratuito, ma non completamente, si tratta di un semi-free, infatti dopo 30 articoli visionati sarà richiesto di abbonarsi.

Financial Times

Una delle motivazioni più interessanti: “Il nuovo approccio permetterà a blog e aggregatori di news di poter linkare i contenuti del Financial Times in precedenza solo disponibili ad abbonati “.
Gli editori hanno a lungo criticato gli aggregatori di news e chi in generale sfruttava i loro contenuti senza autorizzazione. E’ stato compreso che il passaparola permetterà di aumentare l’audience di FT online.

La fuga verso i modelli gratuiti, finanziati dalla pubblicità sembra inarrestabile; il prossimo dovrebbe essere il Wall Street Journal.

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